giovedì 21 maggio 2015

Slow Food dentro o fuori Expo?

Slow Food di lotta e di governo. Sta coi poveri ma corteggia i ricchi. Tuona contro il commercio globale, ma senza di questo il violino di capra valchiavennasco (piuttosto che il provolone del monaco o il fagiolo di Lamon) non può essere consumato a Londra o San Francisco.
Carlin con una mano getta il sasso ma poi ritrae subito l'arto. E' furbo e lo sa. La battaglia a favore del cibo di qualità, del buono-sano-giusto, delle eccellenze, del diritto al gusto NON è un'esigenza popolare, non è una priorità per esodati, migranti e disoccupati. 
Lo è per il sottoscritto, per la buona borghesia, per i colti e benestanti con medioalta capacità di spesa. La battaglia verso la qualità non è rivoluzionaria ma liberal-conservator-illuminata.
Slow Food, come consiglia Visentin (http://mangiare.milano.corriere.it/2015/05/21/loccasione-di-slow-food/), dia una mano, con idee, progetti, spunti per dare spessore culturale, etico e gastronomico all'esposizione universale.
I paladini del gusto si decidano: propongano ora o tacciano per tutta l'Expo.

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