giovedì 17 dicembre 2015

Chi ha ucciso il panettone?

Ai bordi delle strade, nei libri presi a rate. Dio è morto, cantava Guccini. 
Se la validità della provocazione vale sino ai giorni nostri, anche le analogie sono ammesse di diritto. 
La vittima? Il dolce milanese natalizio più famoso, venduto e consumato. Che abbia avuto origine da un errore di un panettiere di nome Toni, o piuttosto nasca dai cuochi della corte del duca Ludovico Sforza poco importa.
La sua gloriosa storia, la sontuosa grandezza, l'eleganza rustica, la diffusione ecumenica sia nelle tavole ricche che in quelle popolari dovrebbero bastare a garantire al panetun un trattamento di maggior rispetto. Invece no. Molti sono i casi di maltrattamento e violenza che può subire il re dei dolci (doppiamente) lievitati.

Il panettone muore negli hard discount, quando le offerte lo ridicolizzano e lo sviliscono, facendolo costare meno della baguette decongelata e appena sfornata.

Il panettone viene ucciso da ingredienti irrispettosi, da uova pallide, da mieli insulsi, da uvette flaccide e da aromi artificiali che scimmiottano lontanamente quelli originali.

Il panettone viene ammazzato da ricette frettolose, da pasticceri senza scrupoli, da bruciature inopportune, da croste amare, da impasti stopposi che offendono il prodotto, la storia e il palato.

Il panettone è assassinato a volte proprio dal Natale stesso (moderno e opulento), fatto di pranzi straripanti, pance gonfie e rinfreschi luculliani al termine dei quali il dolce in questione viene presentato e, per confronto, non può certo essere apprezzato al meglio.

Il panettone muore sotto l'effetto di creme pesanti che ne afflosciano la leggerezza, annegato in mascarponi che ne imbibiscono gli alveoli, imbastardito da ingredienti esotici e abbinamenti senza senso.

Il panettone è morto. 
Ma, per fortuna, ogni anno risorge
E possiamo di nuovo apprezzarlo. O ammazzarlo ancora.




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