Tutto d'un tratto si svela. Come un improvviso arcobaleno che colora nubi plumbee, un sorriso sincero che sboccia al termine di un concitato litigio.
La collina di San Colombano è così: invisibile sino a quando non ci sei sotto, o forse dentro. In mezzo a un piano infinito, dove un milanese può perdersi e pirlare errante senza punti di riferimento, cartelli stradali, fabbrichette o grattacieli. E a interrompere, una dolce altura e i filari di vite ben allineati. E poi un castello, mattoni rossi, ciottoli e simboli sforzeschi.
Una manciata di cantine da secoli disseta con il suo succo d'uva le tavole storiche di Milano. Il santo che ha evangelizzato e dato il nome alla collina, ha insegnato ad allevare la vite. E ha portato anche un vitigno da terre lontane, oggi si chiama Verdea.
La Cantina Pietrasanta la vinifica, insieme ad un pizzico di Riesling. E ne ottiene un vino che non è da assaggiare con timore, centellinando per cogliere le svariate complessità aromatiche, le sfumature, i retrogusti e via discorrendo.
Questo è un vino da bere. Fresco, molto fresco. Con la bottiglia imperlata di goccioline di condensa, simili a quelle sudate da chi sta aspettando di portarlo alla bocca.
In questa calda (calda) estate ecco una piccola, semplice, gentile, lombarda e rinfrescante sorpresa enoica.
www.cantinepietrasanta.it
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